È stato un momento importante questo convegno. Come membri della Chiesa diocesana e soci di AC abbiamo partecipato con gioia, accogliendo questo tempo come tempo di grazia.

Utile è stato conoscere i risultati complessivi del lavoro svolto durante l'anno appena trascorso, a partire dalle schede proposte. Ora sono chiari e condividisi i nuovi spazi di azione pastorale su cui si concentrerà la riflessione della nostra diocesi: territorio, consigli parrocchiali, sinodalità, fedeli laici, giovani.

Quando il nostro vescovo avvia il convegno illustrando l'immagine di Abramo tanta è la sorpresa. La rappresentazione calza a pennello sul laico di AC che, aderendo all'associazione e con essa alla Chiesa diocesana, sceglie di vivere con gli occhi rivolti verso l'alto, con lo sguardo fisso su Gesù, e con le sue mani rivolte verso terra perché, come laico è chiamato ad essere compagno di viaggio, in questo mondo, di tutti quei fratelli che sono alla ricerca di una relazione con Dio.

Nel PROLOGO c'è il racconto del cammino associativo di quest'anno: mettere in dialogo il nostro vivere quotidiano con la Parola; prendere consapevolezza delle nostre mancanze ed incompletezze personali e di comunità per far nascere, da queste, il desiderio di avviare processi di discernimento, prima personale e poi comunitario.

Il tema del DISCERNIMENTO INCARNATO illustrato dalla professoressa Emilia Palladino ci ha messo in discussione. La complessità sociale (e non solo) fa parte del mondo e del tempo in cui viviamo; ci riguarda e coinvolge a prescindere dalla condizione di vita. L'invito è mettersi in gioco ed osservare la complessità tenendo conto che in essa non è facile vivere e fare discernimento.

La domanda di partenza è: come fare discernimento incarnato in una società così complessa?  Chiaro e forte è stato il suo contributo. Partendo da un esempio di vita complessa (stormo di uccelli, formicaio) e dalla descrizione dei rischi che possono nascere da particolari approcci alla conoscenza della complessità, sono nate le indicazioni utili a comprendere cosa voglia dire discernimento incarnato.

In primo luogo è bene superare la frammentarietà e la superficialità di chi osserva la realtà partendo solo da un punto di vista, senza considerare l'insieme; utile si rivela andare oltre la superiorità morale di chi si mette a guardare dall'esterno, dalla finestra, senza calarsi nella realtà, senza sporcarsi le mani; come serve anche andare al di là delle contrapposizioni che possono nascere a causa di competenze specifiche o da ruoli definiti ed assegnati. Diventa necessario non ripiegarsi su se stessi, su idee personali (o di gruppo) ed immedesimarsi nella storia (anche quella della nostra Chiesa di Albano). Diventa necessario imparare a riconoscere l'altro in questo luogo ed in questo tempo (“io ti vedo”) ed a guardare ai fallimenti non come ad una sconfitta ma, come a qualcosa che apre una possibilità, che inizia ad un nuovo processo.

Nella complessità non ci sono né successi né fallimenti; niente è inutile, niente è scontato. Bisogna imparare a riconoscere l'agire di Dio nell'atto umano. Nella “vicinanza” fra uomo e donna, intesa non solo come alleanza matrimoniale, Dio manifesta e fa nuove tutte le cose e, da questa  alleanza di genere, nel far proprie le caratteristiche, le diversità, le possibilità dell'altro nascono, per ogni uomo ed ogni donna, le condizioni per iniziare insieme, nuovi processi di conoscenza, scelta ed azione.

La professoressa conclude indicando una strategia da seguire per arrivare ad attivare un processo di discernimento incarnato: necessario si rivela conoscere i bisogni dell'altro ed individuare e riconoscere una direzione comune; tutti siamo chiamati a diventare santi!

Bisogna diventare amici del tempo: il discernimento è un processo che ha i suoi tempi e non dobbiamo avere paura di perdere tempo per rischiare di non mettere in discussione quanto c'è.

Perché sia possibile arrivare ad un giusto discernimento nella comunità ecclesiale, bisognerà partire da valori che sono di Cristo;  servirà anche una grande umiltà, per non cadere nei pregiudizi ed essere realmente inseriti nel divenire della realtà in cui viviamo. Bisognerà che i giovani, che si sentono bloccati dalla presenza degli adulti, si mettano in gioco, vivendo ogni circostanza di vita come funzionale alla loro maturazione; la delusione fa parte della dinamica della crescita e questa chiede di educarsi, imparare, pregare ed essere in tutto  questo accompagnati. Niente è inutile al discernimento.

Il contributo di F.llo Enzo Biemmi, volto ad aiutarci a cogliere cosa vuol dire DISCERNIMENTO INCLUSIVO  ci propone un esercizio: osservare il Cristianesimo (fede), la parrocchia (pastorale), l'iniziazione cristiana e la catechesi in diversi momenti storici e precisamente nel 1960, 2018 e 2060.

Se nel 1960, tempo della monocultura, era scontato essere cristiani cattolici (il cattolicesimo era una tradizione), avere cura di persone già credenti e ricevere i sacramenti, nel 2060, tempo della bio-diversità culturale, il cristianesimo, e quindi la fede, sarà per scelta e per pochi e fonderà le sue radici sulla proposta della comunità e sulla qualità di relazioni che si stabiliranno con essa; l'iniziazione cristiana sarà affidata all'intera comunità, che accompagnerà gli adulti e le famiglie nel cammino di conoscenza di Cristo e della sua Chiesa; insieme saranno vissuti e condivisi i sacramenti per la vita.

Oggi, tutto è più complesso. Siamo in un "cambiamento d'epoca".

Nel 2018, tempo del re-impasto culturale, si vive una situazione mista, dove l'abitudine religiosa a particolari gesti che vengono dalla tradizione (ad esempio la richiesta di ricevere un sacramento, di dire un rosario) diventano il “bene”, il buon terreno per il seme della fede. Se quello attuale è il tempo della “crepa culturale” in cui è finita la centralità del cristianesimo è anche il periodo in cui avviare un processo di discernimento, che aiuti a riscoprire la nuova missione della Chiesa.

Bisogna pensare ad un nuovo modo di essere e vivere la comunità. Bisognerà superare il senso del dovere che ci viene dalla tradizione, che spesso, oggi, blocca e spaventa adulti e giovani, per lasciar nascere, dalla libertà e dal senso di onnipotenza tipico del nostro tempo, un desiderio nuovo di impegno e cura (delle relazioni, del bene comune, dell'ambiente, della comunità ecclesiale). Il desiderio di pochi di riscoprire, coltivare la fede e mettersi in cammino con Cristo e la sua Chiesa, dovrà essere approcciato senza illusioni che vengono dal passato.

Durante quest'anno associativo, come laici di AC, abbiamo compiuto esercizi di discernimento che ci hanno fatto acquisire l'atteggiamento di disincanto rispetto al passato e di nuovo incanto verso il futuro: ci siamo esercitati a riconoscere la presenza della grazia ogni giorno ed abbiamo intrapreso, nella e con la comunità parrocchiale di appartenenza, passi verso la nuova direzione.

Cosa fare allora per permettere l'avvio del discernimento inclusivo?

Bisogna contribuire a generare una nuova forma di comunità che vada al di là della struttura: la comunità deve avviare i sui passi verso la costruzione di una dimensione “plastica”, a rete, mettendo a disposizione risorse umane ed economiche. Dovrà proporre l'essenziale della fede ed avere confini “porosi”, superando il peso di confini delimitati e ristretti. Sarà “gioiosa”, perché ha fede ed è testimone del proprio credere in ogni ambito e situazione di vita; si farà “prossima”, partecipe del cammino di vita delle persone e di tutte le situazioni umane che incontra. In questa prossimità la Chiesa sì che è in uscita ed è missionaria ed inclusiva.

A livello di pastorale e catechesi si dovranno porre al centro l'”ascolto condiviso” della Parola di Dio e l'Eucarestia; la famiglia sarà il fulcro insieme ai giovani, che troveranno spazi dove i sogni possono diventare desideri e prendere forma.

In questo nuovo scenario, i laici annunceranno con gioia la misericordia che Dio ha avuto nei loro confronti (ministerialità della debolezza) ed il clero darà loro fiducia.

I gruppi ed i movimenti svolgono, durante questo tempo di transizione, un ruolo scomodo perché, anche se in grado di intercettare i bisogni delle persone nell'immediatezza, non fanno ancora lo sforzo di mettersi in dialogo con il vescovo e l'intera comunità; le parrocchie siano aperte a tutti! Così saremo pronti alla bio-diversità culturale! Anche in essa ci sono criteri nuovi di discernimento: quando l'uomo che crede in Dio interviene nel sociale, per il bene di tutti, è lì che si fa presente l'azione di Dio.

In conclusione il vescovo ha invitato tutti, laici e non, a re-imparare passo dopo passo a fare discernimento, senza dimenticare che siamo in un processo aperto, lungo il tempo, che riguarda l'intera comunità e non le singole persone (accompagnare ed essere accompagnati).

Il discernimento incarnato ed inclusivo è quindi possibile; i laici di AC, inseriti ed innestati nelle comunità parrocchiale e diocesana, sono già da tempo impegnati, tra il dire ed il fare, tra piazze e campanili, a contribuire alla realizzazione del cambiamento delle comunità ecclesiali.

Il convegno pastorale ha dato una conferma del prezioso contributo che l'Azione Cattolica da 150 anni sta dando alla Chiesa. Continuiamo allora ad aprire le porte delle chiese, a far uscire Gesù dai tabernacoli ed a portarlo tra la gente che lo aspetta, lì dove vive, soffre, spera, tutti i giorni.

Sandra Piglialarmi, Responsabile Settore Adulti - Parrocchia S. Isidoro Agricoltore (Pomezia)