La pagina del Vangelo, scelta come icona di tutta l’Associazione per quest’anno (“Lo avete fatto a me” Mt 25, 31-46), ci presenta il volto di Cristo Giudice: alla fine dei tempi, Gesù ci chiede se lo abbiamo riconosciuto; riconosciuto anche in tanti fratelli e sorelle affamati, assetati, stranieri, senza vestiti, malati e carcerati! 

L’assistente nazionale Mons. Sigismondi, nella lectio rivolta ai giovani e giovanissimi, ci ricorda che “La Carità non si misura con la bilancia, ma con la clessidra”. 

Questo è l’esercizio, il compito che ci è affidato oggi anche a noi più giovani: compiere gesti di vera e sincera Carità verso i nostri fratelli, smettendola di giustificarci con “non ho tempo” o “devo pensare alle mie cose”. 

La Carità è concreta, generosa, smemorata e senza limiti. La Carità ci permette di riconoscere il volto di Cristo affinché un giorno anche a noi giovani e giovanissimi possa dire “Lo avete fatto a me”.

Allora se vogliamo allargare il cuore e dilatare il tempo, prendiamoci del tempo per guardare o leggere la lectio del nostro assistente.

https://www.youtube.com/watch?v=GGQkV8lObH0

“Il capitolo 25 di Matteo indica a tutta l'associazione la rotta per quest'anno. È un capitolo che annuncia il mistero del giudizio universale, quando il Signore, come all'inizio dei tempi, ha separato la luce dalle tenebre, così la fine dei tempi separerà le pecore dai capri.

Il capitolo 25 di Matteo va letto in sinossi con la pagina delle beatitudini: la catena montuosa delle beatitudini ha diverse vette, che possono essere raggiunte soltanto attraverso la ferrata della Carità. La fede senza la carità non avrebbe voce, e la carità senza la fede non avrebbe luce.  

Quando la Liturgia parla della Carità, indica tre aggettivi: deve essere concreta, generosa e senza limiti. Senza limiti di tempo perché la dichiarazione più sfacciata della durezza di cuore è non ho tempo. Non ho tempo di guardare in faccia nessuno”. “Non ho tempo di fermarmi”. La Carità non si fa con le cose che si possono mettere a disposizione degli altri, ma la misura alta della Carità è stabilita dal tempo. La Carità non si misura con la bilancia, ma con la clessidra. 

Tra le tante caratteristiche della fantasia della Carità, il capitolo 25 di Matteo ne mette a fuoco una. Potremmo dire che la Carità è smemorata.

Ogni volta che leggo questa pagina del Vangelo, mi sorprende il fatto che i giusti chiedono “ma quando mai Signore ti abbiamo visto affamato, assetato, bisognoso di cure?”. Come mai questa domanda sulle loro labbra? Perché un gesto di carità quando è autentica, non ha memoria. Un gesto di carità e sempre smemorato.

Mi piace pensare e dire che la Carità è smemorata.

Quando compiendo un gesto di Carità, abbiamo la presunzione di mettere la firma da qualche parte, quel gesto ha già ricevuto la sua ricompensa. 

L'unica firma che le opere di Carità sopportano è quella delle impronte digitali, che soltanto il Signore saprà leggere alla fine dei tempi. Significa che la carità smemorata, i gesti di carità vengono ricordati soltanto da coloro che li ricevono.

I gesti di carità ci verranno ricordati dal Signore nell'ultimo giorno. E mi piace immaginare che l'incontro con Lui, alla fine dei tempi, sia l'incontro di due smemorati: da una parte smemorato l'uomo che non ricorda le opere di bene compiute e dall'altra lo smemorato Dio perché non ricorda il nostro Peccato.

 Papa Francesco nell’ Evangelii Gaudium, parlando della Carità, osserva che l'adorazione che non incontra il fratello, è un inganno. Con questa sottolineatura il Papa ci ricorda che la preghiera trova la manifestazione più alta nell'esercizio della Carità. La preghiera autentica è un dialogo con Dio, che si esprime nel fermarsi e fissare lo sguardo del fratello bisognoso.”

Martina Lunardini 

Consigliera diocesana per il Settore Giovani